La tutela-del-paesaggio e del patrimonio storico e artistico è principio fondamentale della Costituzione (art. 9) e ha carattere di preminenza rispetto alla tutela degli altri beni giuridici che vengono in rilievo nella difesa del territorio, di tal che anche le previsioni degli strumenti della pianificazione urbanistica devono necessariamente coordinarsi con quelle sottese alla difesa di tali valori; è dunque possibile l’intersecarsi dei livelli di tutela, purché nel rispetto della ripartizione delle competenze sancito dalla Costituzione, rafforzando con misure in materia di edificabilità dei suoli il regime vincolistico “puntiforme” (Cons. Stato, Sez. II, 14 novembre 2019, n. 7839).
Il Collegio afferma in primo luogo il necessario coordinamento delle previsioni degli strumenti con i quali si attua la pianificazione urbanistica con quelle sottese alla tutela-del-paesaggio e del patrimonio storico ed artistico, attuata in via precipua mediante misure di tipo conservativo, attesa la richiamata natura di questa quale principio fondamentale della Costituzione (art. 9 Cost.).
Il difficile equilibrio tra le esigenze di tipo conservativo sottese alla tutela-del-paesaggio, onde attenuare la incidenza degli interventi di antropizzazione propedeutici all’attività edilizia sulla percezione visiva dei tratti tipici dei luoghi, con quelle connesse allo sviluppo edilizio del territorio che sia consentito dalla disciplina urbanistica, infatti, impone all’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico di operare il giusto contemperamento nel rilascio o nel diniego del necessario assenso al formarsi del titolo autorizzatorio.
La tutela di cui alla l. n. 1089 del 1939, vigente ratione temporis nella fattispecie oggetto della sentenza gravata, pertanto, riguarda il singolo bene (tutela “puntiforme”), laddove la tutela-del-paesaggio inerisce al luogo nel quale il bene di interesse storico o artistico si inserisce e può essere estesa in sede di pianificazione urbanistica, come al complesso che da quel singolo bene trae la sua esigenza di conservazione, ovvero di sviluppo controllato, in via rafforzativa di siffatto vincolo.
La sostituzione del termine urbanistica con la locuzione governo del territorio, quale materia di competenza legislativa concorrente, nella stesura dell’art. 117, comma 3 Cost., conseguita alla riforma del 2001, attesta infatti l’evoluzione progressiva del potere di pianificazione urbanistica in senso propulsivo di miglioramento della vivibilità del suolo, secondo finalità più complessive ed ascrivibili alla tutela-del-paesaggio e del patrimonio storico ed artistico peraltro già consacrate nei princìpi generali della cosiddetta legge urbanistica fondamentale, ovvero la l. 17 agosto 1942, n. 1150.
Tale sviluppo, pur nella necessaria distinzione tra tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, storico o artistico, risulta confermato altresì dall’art. 1 della l. n. 1187 del 1968, che, in sede di modifica dell’art. 7 della stessa legge fondamentale urbanistica, ha esteso il contenuto del piano regolatore generale anche all’indicazione dei vincoli da osservare nelle zone soggette alla tutela del paesaggio o storica.
Il Collegio, pertanto, conferma il principio, affermato nella giurisprudenza amministrativa risalente, in virtù del quale le modifiche allo strumento urbanistico introdotte d’ufficio dall’Amministrazione regionale, ai fini specifici della tutela-del-paesaggio e del patrimonio storico artistico, non comportano la necessità per il Comune interessato di riavviare il procedimento di approvazione dello strumento, con conseguente ripubblicazione dello stesso, atteso che le dette modifiche integrano un unico procedimento di formazione progressiva del disegno relativo alla programmazione generale del territorio, in conformità all’art. 10, comma 2, lettera c), della l. n. 1150 del 1942 e dell’art. 16, comma 10, della l. regionale n. 56 del 1980.
Il carattere obbligatorio, e non facoltativo ovvero concordato, delle dette modifiche, infatti, esclude siffatto onere di ripubblicazione, atteso che l’intervento regionale si configura quale dovuto e rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale, come risulta essersi verificato nella fattispecie oggetto di giudizio.
La necessità di ripubblicazione del piano, dunque, anche secondo la giurisprudenza di prime cure, viene ritenuta sussistere allorché, in un qualunque momento della procedura che porta alla sua approvazione, vi sia stata una sua rielaborazione complessiva, da escludersi nell’ipotesi di modifiche che attengano alla disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree.
Avv. Marco Bruno Fornaciari